Sono ormai sempre più frequenti i casi di c.d. cyberbullismo, adolescenti e non solo che subiscono comportamenti violenti, offensivi o umilianti da altri coetanei, i cc.dd. bulli, tramite l’utilizzo del web e dei social.
Il legislatore non ha ancora tipizzato tale fattispecie in un’autonoma ipotesi di reato e, per tale motivo, i Giudici di merito hanno per lo più inquadrato tali condotte nei reati di minaccia (612 c.p.), percosse (581 c.p.), lesioni personali (582 c.p.), molestie (660 c.p.) o diffamazioni aggravate dal mezzo della stampa (595 c.p.).
A tal riguardo, giace in Parlamento una proposta di legge (la n. 3139) recante “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”. Il testo che deve ancora passare al vaglio del Senato, definisce all’art. 1 il bullismo come “l'aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all'autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l'orientamento sessuale, l'opinione politica, l'aspetto fisico o le condizioni personali e sociali della vittima.”
A sua volta, viene definito il cyberbullismo “qualunque comportamento rientrante fra quelli indicati al comma 2 (definizione di bullismo) e perpetrato attraverso l'utilizzo della rete telefonica, della rete internet, della messaggistica istantanea, di social network o altre piattaforme telematiche”.
Interessanti poi le misure di contrasto previste dalla proposta di legge che vanno dalla previsione di una nuova procedura per oscurare o rimuovere comunicazioni offensive presenti sul web su richiesta della persona offesa (da realizzarsi entro le 48 ore), alla confisca dei beni utilizzati per gli atti di bullismo.
Sul piano penale, poi, la novità più rilevante è l’introduzione della nuova circostanza aggravante per gli atti persecutori: “La pena è della reclusione da uno a sei anni se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La stessa pena si applica se il fatto è commesso utilizzando tali strumenti mediante la sostituzione della propria all'altrui persona e l'invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, raggiri o minacce o comunque detenuti, o ancora mediante la realizzazione o divulgazione di documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza e di minaccia".